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La manic pixie dream girl è morta e Companion l'ha uccisa

Le bamboline perfette si rivelano omicide, e l'horror è femminista

La manic pixie dream girl è morta e Companion l'ha uccisa Le bamboline perfette si rivelano omicide, e l'horror è femminista

Nel 2012 Ruby Sparks, commedia romantico-fantasy scritta da Zoe Kazan e diretta da Valerie Faris e Jonathan Dayton, sovvertiva il topos della manic pixie dream girl. Nel film, infatti, il protagonista - uno scrittore ansioso, egocentrico e un po' frustrato - non riusciva a fare i conti con la sua creazione, la ragazza perfetta, che aveva preso vita, tra aspettative e realtà. Analisi del processo creativo, della figura dello scrittore uomo e critica witty e leggera dell'ego maschile, il film aveva iniziato a smontare la figura dell'uomo creatore che si auto-inserisce nelle cose che scrive o che crea e sfrutta la sua co-protagonista, che si accoppia con ragazze quirky e adorabili che esistono soltanto per il suo sviluppo e per la sua crescita. In un certo senso Companion - scritto e diretto da Drew Hancock e al cinema in Italia dal 30 gennaio - continua su questo filone, portandolo alle sue estreme conseguenze e restituendoci un film horror divertente, godibile e sorprendentemente non banale.

Cos'è una manic pixie dream girl?

Facciamo un passo indietro. L'espressione manic pixie dream girl è stata coniata dal critico cinematografico Nathan Rabin nel 2007. Secondo lui, si tratta di un personaggio femminile che "esiste solo nella fervida fantasia di sceneggiatori e registi e ha lo scopo di insegnare a giovani uomini tormentati e profondi ad abbracciare la vita e e le sue avventure". Anche se il film per cui è stata coniata è Elizabethtown, con Kristen Dunst, basta fare un rapido calcolo mentale per capire che, di queste co-protagoniste, ne abbiamo viste a bizzeffe. Basti pensare ai film di Woody Allen e Christopher Nolan, al modo in cui molti sceneggiatori sembrano decisi a non scrivere ruoli femminili complessi e sfumati, di spessore, che esistono in maniera autonoma. L'espressione, anche per questo, è diventata estremamente popolare, perdendo in parte il suo significato originale ed essendo spesso utilizzata in modo improprio, per definire attrici e ragazze sui social, rischiando di diventare misogina pur essendo partita da una posizione opposta. 

Companion e la distruzione della co-protagonista vuota, bella e adorabile

Quasi 20 anni dopo Companion ci presenta una ragazza adorabile, con il cerchietto, l'abbigliamento da bambolina, la pelle diafana e l'eye-liner perfetto interpretata da Sophie Thatcher. Tutto in lei trasuda manic pixie, persino i denti davanti, adorabilmente non perfetti. Ce la presenta come la fidanzata dolcissima, profondamente (e convenientemente, aggiungeremmo) insicura e innamorata pazza di un ragazzo normale, che però visto attraverso i suoi occhi sembra straordinario. Ci dice subito, senza tanti giri di parole, che questa Barbie adorabilità e dolcezza lo ucciderà. Nel mezzo, tra l'incontro idilliaco al supermercato e lo spargimento di sangue, una scoperta impressionante, la distruzione dell'idea di ragazza perfetta, utilizzabile, il perfetto arm candy di un uomo che si dimostra sempre più mediocre, frustrato, insicuro.

Le implicazioni delle nuove tecnologie per il femminismo

A tutto questo si aggiunge una riflessione distopica sui tempi, sull'avanzamento della tecnologia, dell'Intelligenza Artificiale, degli algoritmi, su come tutto questo si incrocia con il mondo del dating, con la nostra solitudine, sul senso di isolamento e alienazione, con i movimenti incel. Non è una novità: da anni, ormai, scrittrici di fantascienza esplorano il tema. Se se ne vuole avere un assaggio, basta leggere Le Visionarie, antologia sul tema di Nero Editions. Il merito di Companion, però, è che riesce a risultare arguto e non banale nonostante non sia comunque estremamente nuovo nei temi. Il tono è fresco, affilato, tagliente. Non filtra e non culla l'ego maschile, lo attacca e lo mette in ridicolo. Il che, onestamente, non dispiace.