
Chappell Roan si dà al country
“The Giver” è un inno country queer che conferma quanto la musica possa essere libera da ogni stereotipo
24 Marzo 2025
Chappell Roan è la popstar del momento. Lo ha confermato il premio come Best New Artist ai Grammy Awards 2025, nel caso ce ne fosse bisogno. Eclettica, camaleontica, camp: Roan è riuscita a inserirsi nel competitivo panorama musicale statunitense creandosi un’identità forse unica nel suo genere. È gay, si ispira (anche) alle drag queen e soprattutto non ha paura di mettersi in gioco. Lo dimostra il suo nuovo singolo The Giver, definito da lei stessa un inno country queer. Quasi un ossimoro, considerato lo stretto legame tra la musica country e la frangia più conservatrice della popolazione americana, che difficilmente può essere d’accordo con quello che Chappell Roan fa, dice, rappresenta. Eppure, come ha dichiarato lei stessa: "Il country può esistere in uno spazio queer, e una dimensione queer può esistere nel country". Questa canzone ne è la prova. Se le sonorità sono inconfondibili - il violino, fiddle in americano, è insieme al banjo lo strumento country per eccellenza - il punto di vista si capovolge. È una donna lesbica che parla, e non le manda a dire ai country boys, che pensano di conoscere così bene l’universo femminile: "All you country boys saying you know how to treat a woman right | Well, only a woman knows how to treat a woman right | She gets the job done (Tutti voi ragazzi di campagna che sostenete di sapere come si tratta una donna nel modo giusto | Beh, solo una donna sa come farlo | Lei sì che porta a termine il lavoro)".
Il videoclip e l’immaginario di The Giver
Una forma di empowerment tradotto magistralmente anche nei visual della canzone. Nel videoclip - rigorosamente con lyrics - vediamo infatti Chappell Roan interpretare quattro differenti personaggi, legati tradizionalmente all’universo di significato maschile: un avvocato, un idraulico, un carpentiere e un dentista. Di nuovo, torna il tema del travestimento, tanto caro a Roan. In questo caso, però, i panni vestiti sono quelli maschili, in una chiave nuova: l’avvocato è sì rigoroso, ma strizza l’occhio allo stile office siren; il carpentiere ha trapano e gilet da lavoro, ma anche due codini esagerati (che rientrano peraltro nell’immaginario country). Insomma, le donne non solo possono fare lavori da uomo, li possono fare anche meglio - ci dice Chappell Roan con le parole, con la musica e con le immagini. Uno statement che celebra e reinterpreta in chiave contemporanea quell’inno alla libertà femminile che è Man! I feel like a woman di Shaina Twain, icona indiscussa del country pop.
Chappell Roan e la scelta del country
Ora, però, la domanda sorge spontanea: perché Chappell Roan ha scritto una canzone country? I successi che l’hanno resa famosa, Good Luck (Babe)! e Pink Pony Club, si inseriscono in tutt’altro genere, che potremmo definire un ultrapop con ispirazioni anni Ottanta-Novanta, ed è in quel mondo che Roan ha costruito il suo personaggio e la sua narrazione. Le ragioni di questo apparente cambio di rotta - che, in realtà, è più una deviazione lungo il percorso - vanno ricercate senz’altro nelle sue origini, ma anche e soprattutto nell’essenziale libertà che sembra muovere le scelte di Chappell Roan. La cantante, all’anagrafe Kayleigh Rose Amstutz, è nata e cresciuta nel Sud-Ovest del Missouri, immersa tra "la religione cristiana e la musica country". Scrivere The Giver, ha spiegato Roan, è servito in qualche modo a far pace con quella parte di lei. Come la protagonista di Pink Pony Club - una ragazza del Tennessee che contro il volere della madre si trasferisce in California e inizia ad esibirsi in un night club gay - anche Roan ha dovuto lasciare casa sua per conoscersi a fondo e trovare se stessa. Forte di questa consapevolezza, è voluta tornare alle sue origini. E poi, ha fatto notare lei: "Ho semplicemente pensato che scrivere una canzone country potesse essere divertente", anche perché "il country è estremamente camp". Inevitabilmente, però, questa scelta porta con sé un pizzico di provocazione.
Il country e i maschi bianchi etero
Il country, da sempre, è stato segnato dal dominio del maschio bianco, americano, etero e tendenzialmente conservatore. Un po’ per ragioni storiche, un po’ per strumentalizzazioni successive, utili più alla politica che alla musica. Come risultato, è diventato il genere tradizionale e nazionalista per eccellenza, espressione di un punto di vista nella maggior parte dei casi maschile (ed eterosessuale). Certo, non sono mancate le eccezioni: dalle regine del country Kitty Wells, Patsy Cline, Dolly Parton e Shaina Twain - per citarne alcune - fino ad arrivare a Beyoncè, che con il suo pluripremiato Cowboy Carter ha scritto un nuovo pezzo di storia come prima donna di colore ad affrontare - con successo - un genere da sempre dominato dai bianchi. Ora, Chappell Roan segna un nuovo traguardo: ci conferma che la musica può essere scevra da stereotipi; racconta la libertà di un’artista di scegliere, di cambiare, di non lasciarsi intrappolare da generi e categorie. Alla fine, ci sono un violino, un banjo e una storia da raccontare.