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Stiamo davvero diventando tutti più stupidi?

La risposta, purtroppo, è sì

Stiamo davvero diventando tutti più stupidi? La risposta, purtroppo, è sì

Di mestiere, tra le altre cose, scrivo. E per scrivere di conseguenza leggo, anche se sempre meno di quanto dovrei (e vorrei). Eppure l’altro giorno ho realizzato quanto spesso io faccia fatica a trovare le parole giuste per esprimere ciò che penso in un modo leggermente più sofisticato ed efficace di ciò che scriverei in un messaggio su WhatsApp. Ho perso le parole, ho pensato. Il mio cervello si è impigrito. E a quanto pare non solo il mio. Come riporta il Financial Times, alcuni test dell’OCSE hanno rivelato che la capacità media di ragionare e risolvere nuovi problemi ha continuato a crescere fino al 2013 circa e da allora è in calo. Questo studio nello specifico riguarda gli adolescenti, ma la vera notizia è che la situazione degli adulti non è poi tanto diversa. La maggior parte dei paesi che hanno subito cali di competenze - ha spiegato l’OCSE (e sì, ci siamo anche noi) - ha visto un peggioramento in ambito linguistico e matematico in diverse fasce d’età. Ciò significa che abbiamo sempre più difficoltà nella concentrazione, nel ragionamento, nella comprensione del testo e nel calcolo. Di conseguenza, anche nella risoluzione di problemi di occorrenza quotidiana. 

Come e cosa scriviamo? 

Scriviamo poco, e di solito si tratta di brevi messaggi in cui chiudiamo un occhio sui congiuntivi e tutti e due sulla punteggiatura (per qualche motivo oggi il punto fermo suona perentorio). Nella migliore delle ipotesi, ci dedichiamo alla stesura di email di lavoro, il cui linguaggio è ormai così plastico e stereotipato da risultare perfetto più per i meme che per allenare il cervello. Nel resto del tempo fruiamo di informazioni che non abbiamo neppure bisogno di cercare: siamo passati da pagine finite - fisiche o virtuali - a feed infiniti e costantemente aggiornati. Non interagiamo con le altre persone, ma soltanto con i loro contenuti. Riceviamo risposte senza neanche dover porre le domande e così facendo stiamo perdendo ogni capacità di essere critici, analitici, curiosi

"L'intelligenza umana è tra le cose più fragili in natura", scriveva nel 1988 il sociologo Neil Postman. "Non ci vuole molto per distrarla, sopprimerla o persino annientarla". Allora nello Studio Ovale sedeva Reagan e a spaventare era l’ascesa dell’immagine - veicolata soprattutto dalla televisione - a scapito della parola. Eppure, oggi, sembra che neanche l’immagine ci basti più. Conosco più di una persona che per riuscire a guardare un film per intero senza cadere nella tentazione di dare un’occhiata allo smartphone deve per forza andare al cinema, dove ancora vige una determinata etiquette. E infatti gli show runner delle serie tv più recenti - oltre che chi tiene i conti in casa Netflix e affini - sanno bene di avere più di un antagonista con cui combattere per tenere alta l’attenzione dello spettatore: non più solo il sonno, ma soprattutto i (temibilissimi) social media. Scrolliamo per riempire il tempo, per evadere, per vivere una realtà che ci sembra più entusiasmante della nostra. Ma finiamo sempre per tornare al punto di partenza.

Gli italiani non leggono (e neanche gli altri)

Nel passato, uno dei migliori modi per costruirsi mondi paralleli e viaggiare senza spostarsi era leggere un libro. Ora non ci dedichiamo neanche più a quello, o comunque sempre meno. Secondo una raccolta dati Eurostat riportata ad agosto dal Sole 24Ore, l’Italia è terzultima in Europa per abitudini di lettura: peggio di lei soltanto Cipro e Romania. Rispetto alle media dell’UE del 52.8%, nel nostro Paese soltanto il 35.4% dichiara di aver letto un libro negli ultimi dodici mesi. Per non parlare, poi, della fruizione dell’informazione: ormai frammentata, urlata e sempre più polarizzante. Difficilmente l’utente medio leggerà un articolo completo, con più probabilità si limiterà al titolo e - nella migliore delle ipotesi - alla didascalia allegata sui social. Fine dell’approfondimento. Così siamo diventati sempre più complottisti, diffidenti e incapaci di interagire con opinioni diverse dalle nostre, di discutere in maniera costruttiva e magari - perché no - di cambiare idea. Tutto questo non ci rende soltanto più stupidi, ma anche più vulnerabili: ovvero più esposti alla manipolazione da parte di forze politiche sempre più estreme e di demagoghi con tendenze megalomani come Elon Musk.

La curiosità come antidoto

Essere curiosi, informati e in grado di decifrare anche i messaggi più complessi è fondamentale per continuare a muoversi in un mondo che pare si stia appiattendo su se stesso. Tutto sembra più semplice, ma è solo semplificato: così da fruirne in maniera rapida e passare subito all’argomento successivo. Tutto è giocato sulla quantità - ormai il tempo si misura in screen time giornaliero - e noi dovremmo sforzarci di tornare alla qualità. Re-imparare a prenderci il giusto tempo per approfondire, per analizzare, per capire e anche per contraddire (gli altri, ma soprattutto noi stessi). E poi prenderci la responsabilità di insegnarlo a chi verrà dopo di noi.