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Esiste davvero un porno "per donne"?

Come è cambiato il concetto di “femminile” nella pornografia

Esiste davvero un porno per donne?  Come è cambiato il concetto di “femminile” nella pornografia

King Kong Theory di Virginie Despentes è un libro che riesce a conciliare l’aver subìto uno stupro con la fantasia sessuale dello stupro, il femminismo con il sex-work, il punk con il porno. Tra i vari spunti che offre, a un certo punto, Despentes scrive: "Sono sicura che molte donne preferiscono non masturbarsi, sostenendo che la cosa non le interessa, piuttosto che scoprire quello che le eccita". Considerate che King Kong Theory è stato pubblicato per la prima volta nel 2006 e la conversazione sulla sessualità femminile non era sviluppata a livello mainstream come lo è oggi, quindi il focus non è più tanto come e se le ragazze evitino di masturbarsi, ma piuttosto come scoprono cosa le eccita

Bambine, ragazze e donne continuano a crescere in una società che ha escluso a lungo il concetto di piacere femminile, sia da un punto di vista culturale che medico, e gli stereotipi di genere sono ancora forti. L’educazione sessuale non ha fatto grandi passi in avanti, ma c’è da dire che allo stesso tempo sono nate molte realtà sui social che trattano di sesso e approfondiscono le pratiche sessuali. Nel bene e nel male, anche la pornografia mainstream aiuta a capire quali potrebbero essere i propri interessi. 

 

Pornhub e il vanilla sex

Abbiamo già parlato delle ultime statistiche rilasciate da Pornhub sul consumo pornografico femminile. È nel 2012 che su Pornhub compare la categoria Female Friendly. Contava più o meno 500 video soprattutto di porno vanilla (o vaniglia). Tradizionalmente si definisce “vanilla” il sesso più convenzionale, fatto di pochi preliminari e posizioni come quella del missionario. Proprio come la vaniglia è un gusto di gelato piuttosto semplice e comune. Secondo Hallie Lieberman, storica del sesso e della sessualità, l’origine dell’espressione “vanilla sex” è da ricollegare al movimento kink degli anni Settanta, in particolare alla sottocultura Gay Leather, i cui partecipanti erano attratti da forme estreme di sessualità (per una panoramica sull’argomento si può fare riferimento a Larry Townsend, che ha scritto The Leatherman’s Handbook). Erano gli anni della rivoluzione sessuale, della politicizzazione della sessualità pre-AIDS, ma anche delle discussioni femministe di seconda ondata. È lì che si è creata una distinzione tra un sesso classico e quelle pratiche sessuali, praticate e rivendicate dalla comunità BDSM, che erano considerate sì estreme, ma soprattutto devianti.

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Non c’è niente di male nel preferire un sesso (e un porno) vaniglia. Diventa problematico, però, nel momento in cui ci viene insegnato che quello è il sesso “normale”, e anche se si associa in automatico “vaniglia” - “donne”. Quest’ultimo collegamento è il risultato dei più deleteri stereotipi di genere che vedono la donna come un soggetto passivo, pudico e, sotto sotto, riluttante all’esplorazione della sessualità. Il sesso vaniglia spesso per una ragazza rappresenta la regola da rispettare. È il discrimine che distingue l’angelo del focolare dalla puttana. Questa dicotomia da un lato ha portato alcune ragazze a vergognarsi di esprimere che cosa le eccita, per timore di essere considerate poco di buono o facili, dall’altro lato ha incentivato altre a far credere di essere molto aperte sessualmente, per attirare l’attenzione e uscire dallo stereotipo. Entrambi i gruppi temono il giudizio altrui, perché ciò che è eccitante può essere anche socialmente imbarazzante. 

 

Che cosa significa “per donne”

Nel 2020 anche le ultime righe scritte qui sopra sono una generalizzazione. Sempre più donne rivendicano con orgoglio la propria sessualità, la vivono, la esplorano e, sì, guardano diversi tipi di porno. Anche la pornografia è cambiata, e da questa è nato il post-porno, un movimento che si intreccia con la filosofia, l’arte e la politica. In Hardcore from the Heart (2001) Annie Sprinkle, prima esponente del post-porno, scrive che "la pornografia è come uno specchio in cui possiamo guardarci. Ogni tanto quello che scopriamo non è un bello spettacolo, e può metterci parecchio a disagio. Ma quale meravigliosa occasione di conoscersi, di avvicinarsi alla verità e di imparare". 

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Quindi come è cambiato il porno “per donne”? Rimanendo sempre su Pornhub, emblema del porno mainstream, nel 2014 la categoria ha cambiato nome in For Women poi in Friendly with Female e ancora, nel 2017, in Popular with Women. Cliccandoci su, Pornhub ci presenta le altre ricerche associate a questa categoria: Lesbian, Threesome, Rough Sex (trad. sesso violento), Pussy Licking, Big Dick, Amateur, Teen, Creampie (ovvero video in cui l’uomo eiacula dentro la vagina o l’ano, senza preservativo, e spesso dopo si inquadra lo sperma che gocciola fuori), Double Penetration, Gangbang. Non molto “vaniglia”, o no? I video che sono classificati come “popolari tra le donne”, in realtà, non sono altro che video appartenenti a qualsiasi altra tipologia. E se si guarda ai video più visti dalle donne in generale si può notare facilmente come questi siano quelli con un maggior numero di visualizzazioni senza distinzioni di genere, perché sono praticamente sempre sulla pagina iniziale. In sostanza esiste un porno per donne solo ed esclusivamente se ci riferiamo allo stereotipo di genere che stabilisce quali debbano essere gli interessi di una donna. Ma nel momento in cui ogni donna ha la sua personalità, le sue fantasie e, appunto, i suoi interessi, sarebbe come chiedersi se esiste un cibo per donne. C’è un piatto associato al femminile? E se sì, perché proprio l’insalata?

 

Il Manifesto per il porno al femminile

C’è un altro porno che vuole essere un’alternativa al porno mainstream, e che si pone come obiettivo quello di portare un punto di vista femminile in un’industria storicamente dominata dal male gaze e pensata per un pubblico maschile di consumatori. Anche se di sfuggita, abbiamo già sentito parlare di Erika Lust, ma ci sono molte altre registe pornografiche come Anna Span, Petra Joy, Knud Vesterkiv, Lisbeth Lynghoft, Jessica Nilsson e Mia Engberg. Quest’utima ha prodotto Dirty Diaries (2009) con altre registe e attiviste svedesi femministe. Si tratta di una raccolta di tredici cortometraggi che esplorano, ognuno in maniera diversa: il sesso queer, la masturbazione, i close-up e molto altro, tutto da un punto di vista femminista e “femminile”. Spesso questo tipo di porno coincide con un cinema sperimentale e artistico, quindi è molto diverso da quello che potremmo aspettarci se parliamo di “pornografia online”. L’obiettivo è far sì che la donna si trasformi da oggetto sessuale a soggetto del piacere, in una narrazione più reale (anche ma non solo in termini di corpi rappresentati). Mia Engberg, regista e produttrice svedese, nei primi 2000 ha scritto un manifesto per raccontare la visione politica e culturale di questo movimento, e per guidare le altre registe nella produzione di Dirty Diaries

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La rappresentazione pornografica di ciò che sembra interessare alle donne è cambiata e sta cambiando almeno su due livelli. Da un lato sono aumentate le pratiche mostrate nei video. Il vanilla non è più associato di default al femminile, e anche il porno mainstream sta facendo la sua parte per differenziare le proposte da un punto di vista contenutistico. Dall’altro lato, oltre al contenuto, sta mutando anche il contenitore. E non è detto che questo sia necessariamente positivo. Siti di distribuzione come Pornhub sono stati a lungo criticati in quanto sessisti, razzisti, non etici e non sostenibili, perciò si sta ripensando in generale la narrazione pornografica (lo stile dei video, le tecniche di ripresa, lo storytelling). Questo però sta portando a una netta opposizione tra le pornografie, creando prodotti completamente differenti, indirizzati a due tipologie di consumatori da tenere ben separate. Non è detto che sia positivo proprio perché ribadisce un’ottica binaria che segrega gli uomini cis-etero su Brazzers, mentre le donne e il mondo queer sono portat* in una nicchia che crea un’esperienza di consumo totalmente altra. Ci vorrà ancora un po’ prima che la pornografia femminista, o al femminile, si affermi per il grande pubblico, quindi, intanto, se a qualche persona piace consumare il primo tipo di porno, consapevole delle problematiche che si trascina dietro, sappia che questo non la rende meno valida.