Le modelle rappresentano un ideale di bellezza?
Tra body positivity e inclusivity la rappresentazione femminile è una questione culturale
28 Aprile 2022
"Le modelle non rappresentano le donne" ha detto Maria Grazia Chiuri in un'intervista recentemente rilasciata al Washington Post riferendosi agli standard di bellezza che animano le passerelle che non includono una visione realistica delle donne. Secondo la direttrice creativa di Dior, "Dobbiamo cambiare una mentalità" che identifica le modelle come icone di bellezza irraggiungibile e cominciare a riconoscere le modelle come professioniste che indossano un capo con il fine di proiettare l'immaginario descritto da un brand sul corpo dell'ipotetico consumatore. La rappresentazione femminile non passa soltanto per le modelle sulle passerelle, ma lo statement, rilasciato in merito alla conversazione sulla magrezza delle modelle della maison francese, accende la domanda legittima: le modelle rappresentano o no un'ideale di bellezza reale?
Nell'ultimo periodo la moda si è aperta a forti cambiamenti a livello di rappresentazione e di inclusione, abbracciando tematiche sociali sensibili per meglio rappresentare il suo pubblico. Prima con il movimento Black Lives Matter la moda ha capito l'importanza della de-marginalizzazione delle modelle black dai servizi fotografici ma soprattutto ha aperto le porte dell'industria a 360° alla diversity, iniziando un percorso che può anche avere sfumature tokenistiche ma comunque contribuire a rappresentare una società che punta l'abbattimento della discriminazione culturale. Poi, la questione della body positivity, grazie a cui anche i corpi precedentemente visti come "non conformi" al patinato modo degli editoriali e delle passerelle ha cominciato ad essere rappresentato, con l'entrata in auge di personalità come Ashley Graham, Paloma Elsesser, Precious Lee, Amy Tate Cutler e Devyn Garcia che hanno iniziato a popolare feed IG, serie TV e soprattutto passerelle di brand importanti. Il discorso dell'inclusività e della body positivity abbraccia anche il body-shaming, che può sfociare sia nel fat-shaming che nel thin-shaming, assumendo ugualmente valenza negativa.
La normalizzazione della professionalità delle modelle suggerita da Chiuri può venire naturale agli occhi di un'addetta ai lavori, specialmente vista la volontà di rappresentazione femminile da parte della direttrice creativa, che con la sua t-shirt "We Should All Be Feminists" ha lanciato un chiaro messaggio sulla direzione che vuole dare al brand. La sua prima passerella per la maison storica nel 2017 ha segnato la volontà della creativa di portare la female gaze al servizio delle donne e con abiti pensati per loro con un'analisi di testo con protagoniste selvagge, Donne che corrono con i lupi, in cui è possibile ritrovare anche tracce di tentativi sovversione della struttura patriarcale della società. "Voglio introdurre nella maison un atteggiamento naturale, vestire le donne per sentirsi a proprio agio, per sentire la loro bellezza" aveva detto Maria Grazia a Vanity Fair, prendendosi la responsabilità di far evolvere l'heritage di colui che con l'intenzione di liberare le donne dall'oscurità della guerra, ha disegnato figure a clessidra con vita strettissima dettando la moda del dopo guerra con il New Look. "Non c'è un modo per essere femminista" aveva aggiunto, sigillando il suo impegno nella rappresentazione della female gaze.
Questo ultimo statement si pone quindi come voce fuori dal coro rispetto alle tematiche di inclusivity, diversity e comunicazione precedentemente citate, ma rappresenta un punto di vista lucido interno al fashion system che vede necessario un cambiamento di mentalità nei confronti del valore che attribuiamo alle passerelle. Sarebbe forse meglio includere il valore sociale nella moda favorendo una rappresentazione più inclusiva e sensibile alla body positivity o essere concreti e distinguere la professione da un'ideale quando si parla di corpi di donne? Quello che è certo è che la rappresentazione femminile è un fenomeno culturale che corre sulla linea sottile tra equilibri di mercato e sociali, e solo parlandone può consolidarsi in modo positivo.