Le libertà femminili appese ad un filo in America e in Italia
Come le leggi sulle gravidanze possono riflettersi a livello globale in modo diverso
03 Agosto 2022
Il sogno americano si riferisce ad una prosperità economica significativa ed ad migliore tenore di vita, all’interno del quale si inseriscono tutti quei diritti civili che in Italia abbiamo sempre visto lontani e associati agli Stati Uniti d’America, portandoci a guardare gli USA come punto di arrivo o come paese in grado di modificare significativamente il nostro scenario culturale e politico. Tale considerazione oggi è più viva che mai e fa paura: la situazione attuale negli USA riguardo all'abolizione del diritto d'aborto e la storia del mondo occidentale focalizzata sul modello americano come vincente può andare ad influenzare anche le sorti dell'Italia in merito alla questione sulle gravidanze e il diritto all'aborto.
Proprio la storia della depenalizzazione dell’aborto è un limpido esempio di come gli USA influenzino rapidamente le decisioni Europee. Nel 1967, Il Colorado divenne il primo stato degli Stati Uniti a depenalizzare l’aborto in caso di stupro, incesto o qualora la gravidanza potesse portare a ripercussioni sanitarie. Nel 1970, le Hawaii divennero il primo stato americano a legalizzare l'aborto su richiesta della donna e a livello federale nel 1973 ci fu la storica sentenze Roe vs Wade in cui veniva chiesto ai giudici che la Costituzione federale riconoscesse un diritto all'aborto anche in assenza di problemi di salute della donna, del feto e di ogni altra circostanza che non fosse la libera scelta della donna. La decisione venne presa con una maggioranza di 7 giudici a favore e 2 contrari.
Questa sentenza della Corte ha condizionato le leggi di 46 Stati e dello scenario occidentale; sappiamo bene che solo 2 anni dopo in Italia, nel 1975, nacque la legge 194 che consente alla donna, nei casi previsti dalla legge, di ricorrere alla interruzione volontaria di gravidanza in una struttura pubblica (ospedale o poliambulatorio convenzionato con la Regione di appartenenza), nei primi 90 giorni di gestazione; tra il quarto e quinto mese è possibile ricorrere all'interruzione solo per motivi di natura terapeutica.
Le criticità della legge 194 sono note a tutte le persone con utero che si sono trovate di fronte all’espressione concreta di una clausola che in Italia rende l’aborto estremamente complesso. Dall’articolo 9 della legge 194 leggiamo: “Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione”. Ciò rende la 194 di difficile applicazione in maniera omogenea nel tessuto nazionale, permettendo ai singoli medici la possibilità di non svolgere una pratica sanitaria necessaria per la salute e il benessere delle persone con un utero. Le percentuali di obiezione in Italia superano il 70% e ci sono regioni in cui si arriva al 90%, rendendo estremamente ardua l’applicazione di un diritto fondamentale, per cui è sempre necessario lottare!
In Italia diverse sono le reti politiche e le associazioni che si battono per la concretizzazione di un reale diritto all’aborto, attraverso la necessaria abrogazione dell’articolo 9. Obiezione Respinta, Non Una di Meno e Libera di Abortire sono un esempio. Da anni oramai attraverso manifestazioni, contenuti divulgativi sui social e lezioni nelle scuole si occupano di presentare il reale scenario italiano, che purtroppo non è troppo distante dallo scenario statunitense allo stato attuale, dato che come negli USA le persone ora dovranno viaggiare in altri stati federali per poter abortire, anche in Italia è necessario rifarsi a cliniche private oppure cambiare regione o province.
È del 14 luglio la triste notizia che a Cosenza l’unico ginecologo a praticare l’IVG (Interruzione volontaria di gravidanza) Francesco Cariati, in servizio all’Ospedale Annunziata, ha dichiarato il suo essere obiettore. Commentando così la sua decisione in un’intervista a Repubblica:
“Sono venuti meno i requisiti minimi per portare avanti questo servizio e soprattutto è venuto a mancare il rispetto della dignità delle pazienti, ma anche della mia, in qualità di professionista abbandonato a sé stesso. Per tale motivo, esausto, ho preso la difficile decisione di dimettermi come ginecologo non obiettore. Continuo a svolgere la mia professione, non occupandomi più del servizio IVG. Mi spiace tantissimo per le donne che vengono private di questo diritto, ma non ho avuto scelta”.
Negli Stati Uniti il Governo federale ha dichiarato di voler proteggere le persone che decideranno di viaggiare per abortire; a dirlo è stato il presidente Joe Biden in teleconferenza:
“Se governatori estremisti cercano di impedire a una donna di viaggiare dal suo Stato che le vieta di cercare l'assistenza medica di cui ha bisogno a uno Stato che la fornisce, il governo federale agirà per proteggere il suo diritto fondamentale attraverso l'ufficio del Procuratore Generale" ha dichiarato Biden. "In secondo luogo, se gli Stati cercano di impedire a una donna di ottenere un farmaco che la FDA ha già approvato e che è disponibile da più di 20 anni, la mia amministrazione agirà per proteggere il diritto di quella donna a quel farmaco".
Sebbene siano parole di estremo valore, rimane comunque tangibile il divario che si creerà tra le persone con utero in funzione della classe sociale: saranno chiaramente agevolate a livello individuale le persone che hanno le disponibilità economiche, mentre ne risentiranno maggiormente le persone prive di tale privilegio, che generalmente appartengono a comunità marginalizzate - donne razzializzate, persone trans e sex worker.
Il recente annullamento della sentenza Roe vs Wade da parte della Corte Suprema statunitense è quindi chiaro motivo di notevole allarme per le sorti di tutto il mondo, visto il peso degli USA nella politica mondiale ed è certamente un momento in cui sempre di più è necessario supportare le realtà che da anni lavorano per un diritto inalienabile che in nessun modo dovrebbe essere messo in discussione.
In Italia ci troviamo di fronte ad uno scenario politico-sociale in cui nuovamente potrebbero essere minati diversi diritti di per sé fragili e che vedono una limitata applicazione, perciò già oggi dovremmo supportare le sorelle negli Stati Uniti che stanno protestando incessantemente e che si vedono arrestate perché reclamano il diritto di poter scegliere cosa fare con il proprio corpo.
Il Motto fondamentale “My Body My Choice” sta occupando tutte le piazze ed è bene non abbassare la guardia e riempire ogni spazio anche in Italia per non ritrovarci a fare passi indietro!