Abbiamo chiesto alla comunità LGBTQIA+ cosa ne pensa del caso Miss Italia
Il pensiero di 7 persone trans, queer e nonbinary
04 Agosto 2023
Nel 2018, Angela Ponce era diventata la prima donna trans a partecipare a Miss Universo. Nel 2021, Kataluna Enriquez, in qualità di Miss Nevada, ha partecipato a Miss USA. In Olanda, Rikkie Valerie Kollé ha fatto la storia quando è stata eletta come prima Miss Olanda trans, il 9 luglio 2023. Una settimana dopo Patrizia Mirigliani, organizzatrice di Miss Italia, ha dichiarato che il concorso di bellezza nostrano non permetterà alle donne trans di competere. “Ultimamente i concorsi di bellezza stanno cercando di fare notizia usando strategie che penso siano assurde” ha dichiarato, chiarendo senza possibilità di dubbio che il concorso italiano avrebbe accettato solo persone “nate donna”.
La risposta da parte della comunità trans italiana non si è fatta attendere. L’attivista Federico Barbarossa ha deciso di candidarsi, ha condiviso la sua scelta su Instagram e ha invitato altri uomini trans a fare come lui. Solo qualche giorno dopo, più di un centinaio di persone avevano seguito il suo esempio. Questa forma di protesta, sarcastica e non violenta, è stata applaudita da diversi fronti, e diversi articoli sull’iniziativa di Federico sono stati pubblicati anche all’estero. Non tutti ne sono stati contenti, nella comunità. Alcune persone, infatti, credono che questa forma di “auto-misgendering” possa contribuire a confondere le idee del pubblico, o che non valga la pena indirizzare le proprie energie verso un concorso superato come Miss Italia.
Abbiamo chiesto a diverse persone trans, queer e nonbinary di dirci la loro opinione, sia su Miss Italia che sulla protesta che ne è seguita. Secondo Fern Cecamore, uno dei ragazzi iscritti alla competizione: “La nostra iscrizione è prova di un sistema disinformato ed escludente verso le persone trans*. I ragazzi t*, iscrivendosi ai provini, occupano uno spazio non loro non perché vogliono diventare Miss Italia, ma per evidenziare l'assurdità del fatto che un ragazzo t* possa entrare in un contest di bellezza espressamente femminile, e non una ragazza t*, a causa di assurde giustificazioni burocratiche e legali”.
Anche Alex riporta la propria esperienza diretta al concorso: "Io personalmente mi sono iscritto un po' seguendo l'onda e per il fatto di poter ostacolare o comunque dare fastidio a gente che ritiene inqualificabili le donne trans o comunque persone gender non-conforming con un'espressione di genere prettamente femminile. Non sono molto a contatto con la realtà Transfemme ma ritengo che se dobbiamo lottare allora dobbiamo farlo per tuttə a prescindere, soprattutto quando la scusa usata per discriminare è il "non essere abbastanza femminili" o il "troppa chirurgia estetica" quando poi sono ammesse ai provini persone "donne dalla nascita" nonostante buona parte delle concorrenti abbia avuto interventi di chirurgia plastica quindi è tutta palesemente una grandissima presa per il culo da parte di persone che provano troppo odio e troppi pregiudizi per giudicare qualsiasi cosa, tantomeno la ragazza che dovrebbe rappresentare la bellezza femminile Italiana. Detto ciò il programma in sé è una grandissima cazzata che serve solo ad incrementare e consolidare gli standard di bellezza tossici e non lo supporterei mai, ciononostante se una persona T decidesse di parteciparvi è comunque giusto che ne abbia la possibilità a priori."
Pur essendo d’accordo sulla natura retrograda del concorso, e forse proprio per questo, Alvar Bertrand invita a concentrarsi su altro: "Trovo che la bufera mediatica seguita alle dichiarazioni di Patrizia Mirigliani sia squallida. A parer mio non ha senso soffermarsi su una polemica del genere, considerando quali siano i veri problemi legati alla tutela dei diritti della comunità di cui faccio parte. Le donne transgender sono donne che hanno lottato e faticato per sentirsi bene con loro stesse, per sentirsi donne al 100%, per raggiungere un benessere interiore capace di generare felicità. Qualunque cosa abbiano tra le gambe. Sarebbe ora di stare al passo coi tempi... ma, prima che in televisione, nella vita di tutti i giorni, dove la nostra comunità rischia la vita”.
Anche Santissima Vicky, drag queen, si concentra sulla tematica dell’esclusione sistematica, a prescindere da Miss Italia. “Io, come drag, non posso immaginare a quale sofferenza possa provare una donna che viene esclusa da un concorso alla quale vuole partecipare perché ‘non consona’. Credo che l'impossibilità di fare ciò che ti piace per colpa di cosa impone una società bigotta e patriarcale ti faccia sentire inadeguata. Come sportiva non puoi gareggiare né con gli uomini né con le donne, ai concorsi di bellezza nemmeno. Però penso anche che il concetto di concorso di bellezza sia misogino e che quindi bisognerebbe non candidarvisi proprio”.
Kay, attivista e modella, pone la questione in maniera ancora più ampia: “Le discussioni in corso sono un riflesso dei progressi della società e del riconoscimento delle diverse identità. È scoraggiante assistere all'annullamento delle persone transgender e delle loro identità. Le donne trans sono donne, e la loro esistenza e storia non possono essere negate, sono sempre state parte della società. L'inclusività non riguarda solo il riconoscimento dell'esistenza di diverse identità, ma anche la celebrazione e la rappresentazione di esse. È essenziale accettare le persone per ciò che sono e offrire loro l'opportunità di essere viste e ascoltate. Avviare conversazioni è cruciale per promuovere comprensione e accettazione”.
Simona Coltello, founder e art director di Pessimart, sceglie un approccio positivo, che pone il suo accento sull’aspetto di cura e solidarietà di questa protesta: “É molto bello vedere il supporto della propria comunità in momenti di simile discriminazione. Non è frequente riuscire a sentirsi parte di qualcosa, soprattutto di questi tempi, e sono sicura che ha fatto sentire molte persone t* protette, difese e rappresentate. Si tratta pur sempre di un programma all'antica, sicuramente indietro su molte tematiche e di poco interesse per persone giovani. Questa protesta è un bel segno che queste cose non vengono più ignorate e accettate”.
Infine Bex, creatrice e autrice di Love Club, su Prime Video, si dimostra fortemente critica nei confronti dell’Italia: “L’Italia non è pronta ad accettare le persone trans e nemmeno a fare spazio per loro. Le donne trans non sono accettate nella società, nella cultura e nel mondo dell’intrattenimento. Sono temute, considerate una minaccia. La vera minaccia è la società che si rifiuta di accettarle. La protesta è perfetta, il tempismo perfetto, serve a mostrare quanto sia assurda la regola di Patrizia Mirigliani. Odio il fatto che alle donne trans non sia concesso di sentirsi belle. Spero che almeno questo gesto scateni un dibattito. La strada da fare è tanta”.
Insomma, che si pensi che la protesta abbia senso di esistere o meno, tutti sono d’accordo sul fatto che i concorsi di bellezza, con le loro logiche binarie e superficiali, sono superati. La questione della dimensione pubblica del discorso trans sollevata qui, però, è fondamentale. Nei media italiani, nella stampa tradizionale, sembra che nessuno voglia prendersi la responsabilità di portarla in primo piano. Tutte le questioni dirimenti legati alla tematica vengono o discusse sui social, ossessivamente, in bolle importanti ma minuscole che non riescono mai a venire a galla, o subiscono un crudele e sistematico percorso di strumentalizzazione a vantaggio delle fasce più relazionare della politica e degli elettori. Se un attacco a un’istituzione in rovina ma fortemente riconoscibile in tutta la penisola come Miss Italia può essere un pretesto, un modo lontano e faticoso di portare la questione in superficie, allora, forse vale la pena provarci, ma serve l’aiuto di tutt*.