Carcel, il brand danese prodotto dalle donne in carcere
Materiali di prima qualità, design nordico e empowerment femminile
26 Novembre 2018
Design danese, materiali naturali, e produzione in prigione.
Si potrebbe riassumere così la filosofia del brand Carcel (che in spagnolo significa proprio ‘carcere’), fondato da Veronica D’Souza e Louise van Hauen, di casa a Copenaghen ma con le sedi di produzione in Perù e in Thailandia. Sì perché dopo essere stati concepiti e disegnati nella capitale danese, i capi del brand vengono effettivamente realizzati dalle donne incarcerate nella prigione di Cuzco e in quella di Chiang Mai.
Nel tempo trascorso vivendo in Kenya con l'amica van Hauen, D’Souza, che ha studiato imprenditoria sociale e business sostenibile, ha visitato il carcere femminile di Nairobi e si è resa conto che il motivo principale per cui le donne commettono crimini è la povertà. “Nella maggior parte dei casi queste donne provengono da famiglie a basso reddito, spesso sono madri single con un basso livello di educazione e si ritrovano in una posizione marginale nella società. Molte di loro finiscono per commettere crimini non violenti, come furti, traffico di droga, prostituzione.” La scarcerazione, inoltre, senza prospettive future né uno stipendio stabile, comporta per molte il ritorno proprio in quell'ambiente che le ha portate a commettere reati, creando quindi una sorta di circolo vizioso che le costringe a restare nella loro situazione. Tutte le donne che lavorano per Carcel ricevono uno stipendio adeguato, che una volta finita la pena permetterà loro di spezzare il circolo di povertà, dando loro la possibilità di pagare l’educazione dei loro figli, e di uscire definitivamente dal mondo della criminalità.
D’Souza non solo si è messa alla ricerca delle zone del mondo in cui il tasso di povertà è più alto, ma li ha scelti anche in base alle materie prime e ai materiali più preziosi che quel paese potesse offrire. Cuzco è quindi perfetto per la produzione di pregiata lana di alpaca, mentre la Thailandia è stata scelta per la sua finissima seta. La lana del piccolo di alpaca è ad esempio un'alternativa sostenibile al cashmere, un tessuto resistente ma morbido, non a caso definito ‘la fibra degli dei’. Anche il metodo di vendita vuole essere qualcosa di nuovo e di diverso. In collaborazione con il sito di e-commerce sostenibile Sardin, Carcel ha infatti deciso di lanciare una capsule disponibile praticamente su ordinazione: gli item vengono prodotti solo quando vengono ordinati, andando così a combattere gli sprechi e la sovrapproduzione.
Il design dei capi Carcel è semplice, pulito, in linea con la tradizione nordica. Le due fondatrici hanno sempre voluto item belli, trendy, ma che non passassero di moda dopo una sola stagione, per questo le collezioni vengono disegnate e rilasciate solo quando c’è un concetto forte dietro, senza piegarsi ai ritmi forsennati del fashion system. La prima collezione in alpaca, rigorosamente unisex, ha visto il ‘milano outfit’, top e pantaloni morbidi lavorati a maglia, e la ‘uni-tee’ diventare dei best-seller, molto popolari anche su Instagram. Per il prossimo anno Carcel vuole concentrarsi ulteriormente sulla lavorazione della seta, allargando anche il suo raggio di azione, andando a coinvolgere le donne incarcerate in Romania e UK.