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Gli outfit di Kristen Stewart in Spencer hanno un significato nascosto

Quando l'abbigliamento diventa ribellione

Gli outfit di Kristen Stewart in Spencer hanno un significato nascosto Quando l'abbigliamento diventa ribellione

Quanti look può indossare una principessa in un weekend di tre giorni? Nel caso di Spencer, la pellicola dedicata a Lady D che ripercorre i giorni in cui ha deciso di porre fine al matrimonio con il principe Carlo e che prende il nome dal suo cognome da nubile, almeno 15, in media un abito diverso ogni 8 minuti di film se si considera la durata complessiva, 111 minuti. Nel film diretto da Larraìn che è valso a Kristen Stewart la nomination come migliore attrice agli Oscar, l'abbigliamento ha un ruolo cruciale. Non solo perché Diana Spencer è passata alla storia come icona di stile, tanto da ispirare Virgil Abloh per la SS18 di Off White, non solo perché il dress code costituisce un ruolo cruciale nell'etichetta inglese, ma perché la principessa del Galles aveva perfettamente capito il ruolo che un vestito poteva assumere nella rappresentazione mediatica della sua persona. Ed è per questo che la scelta per il ruolo di costumista è ricaduta su Jacqueline Durran, in lizza agli Academy Awards di quest'anno per il Cyrano, che in un mix di look fashion e beauty firmati Chanel e pezzi d’archivio, ha completato la trasformazione di Kristen Stewart in Lady D.

Nelle prime scene del film, durante la preparazione per un fine settimana fuori porta, la cameriera di Lady Diana, Maggie, stende un arsenale di abiti sul divano: "Cena" si legge su uno, "Giorno di Natale" su un altro, c'è addirittura un abito esclusivamente per la sua partenza dal castello di Sandringham. Ma quella che potrebbe sembrare un'esagerazione, una forzatura narrativa voluta dal regista, per la defunta principessa Diana e il resto di Casa Windsor, è semplicemente tradizione, una gabbia dorata di regole e protocolli in cui non c'è mai davvero spazio per la spontaneità. Man mano che la storia si evolve, la costumista Jacqueline Durran sembra aumentare il livello di sfarzo del guardaroba della principessa per accentuare il senso di tragedia che circonda il cruciale weekend del 1991, in un momento in cui il matrimonio di Diana con il principe Carlo è appeso ad un filo. Prima della cena della vigilia di Natale, Diana dice di voler indossare un tubino nero piuttosto del vestito di raso verde mare in programma, perché il primo "rappresenta meglio il suo umore". Ed è questo il vero momento di svolta, quando Diana comincia ad allontanarsi dai suoi abiti programmati, quando tutti, personale di servizio compreso, la accusano di essere impazzita. 

La scelta di Durran di esagerare con l'abbigliamento di Diana nel film allude al fatto che i vestiti erano forse l'ultimo terreno di autonomia che la principessa aveva per sé. Un percorso di stile iniziato con gonne che la facevano sembrare impacciata, camicie con volant e maglioni larghi, sfociato in tubini sensuali e assolutamente fuori luogo per la famiglia reale inglese, disegnati per lei dall'amico Gianni Versace. Nei suoi 17 anni di vita con (e contro) la famiglia reale inglese, Diana ha fatto del suo stile un alleato, una protesta contro la corona, un simbolo di ribellione sotto agli occhi del mondo. Quando sposa il principe lo fa con un abito a balze senza forma, ma quando lui siede davanti a un giornalista televisivo per confessare di averla tradita, Diana si infila in un micro dress attillato, corto e scollatissimo, il revenge dress originario. "Fu vittima della moda", hanno detto di lei, ma dalla sfida di stile la compianta principessa è uscita sempre vincitrice, anche se, purtoppo, non si può dire che il suo destino sia stato altrettanto trionfante.