L’eterna nostalgia per i ruggenti anni '20

Da quando il mondo ha iniziato a rialzarsi dalla pandemia, un rinnovato desiderio di ricominciare a vivere, uscire e festeggiare ha riportato gli stilisti ed i grandi brand ad un altro periodo di grandi cambiamenti, quello dei primi del novecento, delle frange sugli abiti e dei caschetti alla garçonne, dell’emancipazione femminile e delle scandalose flapper, dei locali jazz e di una vibrante energia creativa che contagiava arte, letteratura e stile.

La prima guerra mondiale era appena finita e lo scoppio della seconda sembrava ancora lontano. La gente, stanca di miseria e sacrifici, sentiva il bisogno di riappropriarsi della propria vita, soprattutto di quel lato frivolo e gioioso che il conflitto bellico e tutto ciò che aveva portato con sé aveva tolto loro. L’economia dava segni di ripresa, la scena artistica era animata da talenti leggendari come Ernest Hemingway, F. Scott Fitzgerald e Pablo Picasso, Joséphine Baker faceva impazzire gli uomini francesi che accorrevano a vederla esibirsi al teatro degli Champs – Elysées, Louise Brooks e Clara Bow erano le it girl da seguire, Elsa Schiaparelli collaborava con Dalì creando abiti surrealisti favolosi e, insieme a Coco Chanel, Paul Poiret, Jean Patou e Jeanne Lanvin definivano i trend del momento all’insegna di libertà, funzionalità ed un approccio alla vita più audace. Queste stesse caratteristiche rivoluzionavano il guardaroba delle donne che, gettati via i corsetti e i bustini tipici dell’età Vittoriana, si emancipavano dalle costrizioni e dai diktat del passato. Per la prima volta praticavano sport, guidavano la macchina, lavoravano in ufficio e fumavano in pubblico come gli uomini e per questo avevano bisogno di capi più destrutturati e confortevoli (ma ugualmente eleganti), ma anche di tagli di capelli più pratici. Le flapper, le scandalose ragazze dei Ruggenti anni '20 che facevano l’alba negli speakeasy e animavano decadenti party come quelli raccontati in Il Grande Gatsby, sfoggiavano il bob corto alla garçonne e abiti dal taglio dritto (magari nel modernissimo jersey), con l’orlo al ginocchio e il punto vita ribassato sui fianchi, pensati per liberare i movimenti ed essere perfetti per la routine dell’epoca.  La sera quei capi si riempivano di scintillanti strass, piume, perline, fili brillanti, perle e frange che ondeggiavano al ritmo di jazz.

Un secolo dopo, gli stilisti e i grandi marchi fanno ancora riferimento agli anni ’20 e, come già successo in passato in altre stagioni (ricordate le sfilate più iconiche di John Galliano e Rick Owens?), sulle passerelle dell’autunno-inverno 2022-2023 tornano a dominare frange, catene bling-bling, piume, silhouette a sacchetto, cardigan, cravatte maschili, cappotti cocoon, Mary Jane e perle. È facile tracciare un parallelo tra il guardaroba dell’epoca e gli abiti a vita bassa di Simone Rocha e Molly Goddard; le creazioni da cocktail di Givenchy con fili di perle o quelle incrostate di cristallo di Miu Miu; le mise da tennis firmate Miuccia Prada che sarebbero state perfette per i match di Suzanne Lenglen; le raffinate proposte di Giorgio Armani; i fili luminosi che vestono il corpo tra seduzione e glam come quelli che indossava Josephine Baker sul palco del Casino de Paris o le raffinate proposte di Philosophy by Lorenzo Serafini che si ispirano alla Berlino della Repubblica di Weimar Republic ed alla pittrice Jeanne Mammen. I codici sono gli stessi di inizio del secolo scorso, ma sono aggiornati e rivisti con un twist più contemporaneo pensato per raccontare un nuovo inizio post pandemico che ha in sé sia la nostalgia per un momento apparentemente perfetto del passato sia la promessa di un futuro più lieve e scintillante, lontano dalla recente oscurità.