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Perchè nel 2021 avere il ciclo è ancora un tabù?

Tra Tampon Tax, stereotipi e #MHDay

Perchè nel 2021 avere il ciclo è ancora un tabù? Tra Tampon Tax, stereotipi e #MHDay

Verso la fine degli anni Settanta, Gloria Steinem scriveva che se gli uomini avessero il ciclo «le mestruazioni diventerebbero un evento maschile invidiabile e degno di gloria. Gli uomini si vanterebbero della durata e del flusso. I ragazzi celebrerebbero l’arrivo del ciclo, quella tanto attesa prova di virilità, con rituali religiosi e cerimonie maschili. Il Congresso finanzierebbe un Istituto nazionale della dismenorrea per eliminare i dolori mensili e il governo stanzierebbe finanziamenti per forniture sanitarie gratuite». 

Il pezzo scritto su Ms. magazine (co-fondato da Steinem stessa) era prettamente satirico, e nella ferma opposizione binaria uomo/donna della seconda ondata femminista l’Uomo era simbolo del Patriarcato. Ora che siamo nella quarta ondata, abbandoniamo la retorica della femminista “mangiauomini” per aprirci a un femminismo intersezionale capace di riconoscere che «non tutte le donne hanno il ciclo, e non tutte le persone che hanno il ciclo sono donne». Infatti anche gli uomini trans, le persone non-binarie, e tante altre identità oltre la categoria “donna”, possono avere le mestruazioni. In questo, ad esempio, aveva fatto centro la caption su Instagram della campagna di Pantone del settembre 2020 - con tutte le sue problematiche - in cui si parlava di people who menstruate (persone che mestruano) e non di donne. 

Campagne del genere, come all’epoca l’articolo di Steinem, sono pensate per ribaltare - con più o meno ironia a seconda dei casi, come lo spot di Nuvenia - tutta una serie di stereotipi, luoghi comuni, leggende metropolitane e tanti, tantissimi tabù che circondano ancora oggi le mestruazioni. Molti di questi sono raccontati nel libro Questo è il mio sangue (2018) di Élise Thiébaut: Plinio il Vecchio scriveva che al sopraggiungere di una donna con le mestruazioni il mosto inacidisce e le api muoiono, dottori e ricercatori del primo Novecento (come Béla Shick o David Macht) parlavano di menotossine in grado di far appassire i fiori, e non dobbiamo dunque stupirci se ancora è così comune l’idea per cui non sia possibile fare la maionese mentre si ha il ciclo. 

Gli stereotipi ribadiscono lo stigma. Proprio in questi giorni a Milano sono comparse due opere di Alexsandro Palombo, artista e attivista, che sollevano una semplice domanda: abbiamo guardato per secoli opere d’arte che mettono in scena sangue di ferite sacre o profane, perché ci si scandalizza per il sangue mestruale? Palombo, così, nella serie Break The Taboo raffigura Kim Kardashian, in una posa e con un drappo azzurro come una Madonna, e Marge Simpson, versione NSFW, mentre mestruano. 

Il 28 maggio è la Giornata Internazionale dell’igiene mestruale, creata nel 2013 da WASH United, una no-profit che porta avanti iniziative per l’accesso all’acqua potabile e sull’igiene, in particolare quella mestruale. La ricorrenza ha più scopi: vuole sottolineare l’importanza di servizi igienici appropriati, estendere il più possibile l’educazione sull’argomento e anche sensibilizzare sulle difficoltà economiche di tante persone che non hanno le possibilità di comprare gli assorbenti. Quest’ultimo concetto si chiama period poverty, e un esempio si può trovare in Kenya, dove più della metà delle ragazze in età scolare non ha accesso ai prodotti mestruali. Ma anche una ricerca del 2017 ha riportato che nel Regno Unito una ragazza su dieci non può permettersi di comprare assorbenti e materiali igienici simili, e il 14% li chiede ad amiche e conoscenti, perché troppo cari.

Con l’inizio della pandemia la situazione è peggiorata e, tra le varie restrizioni, qualche mese fa in Italia aveva fatto notizia il caso di una ragazza di un piccolo comune in provincia di Lecce a cui era stato impedito di acquistare gli assorbenti al supermercato dopo le 18, non essendo considerati formalmente beni di prima necessità. Questo episodio si inserisce nella lunga discussione sulla Tampon Tax, ovvero l’imposta sul valore aggiunto (IVA) applicata su assorbenti, coppette e tamponi, tassati al 22% come “beni di lusso”. 

È una questione che va avanti da tempo, la prima proposta per ridurre la tassazione risale al 2016 con Beatrice Brignone e Giuseppe Civati, poi nel 2018 è stata depositata da Pier Paolo Sileri, nel 2019 ne sono state respinte altre due, un emendamento presentato a maggio dal PD sul dl Semplificazione, e un emendamento bipartisan (che richiede l'accordo tra maggioranza e opposizione) promosso a novembre da Laura Boldrini. Tra i motivi per cui non è mai stata ridotta la Tampon Tax c’è la mancanza di copertura finanziaria, ovvero non ci sono soldi per permettere uno sgravio del genere, anche se basterebbero 97 milioni. Altre spiegazioni, invece, spostano il discorso sull’ambientalismo - come l’uscita infelice del deputato Francesco D’Uva - dato che la maggior parte degli assorbenti contiene microplastiche e derivati, e sono quindi difficili da riciclare. Esistono diverse soluzioni green: coppette mestruali, assorbenti e tamponi biodegradabili, compostabili, mutande assorbenti lavabili; ma non sono universalmente valide. Su queste, tra l’altro, dall’1 gennaio 2020 l’aliquota è stata ridotta al 5% ed è, certamente, un’ottima notizia, ma al tempo stesso non può essere l’unica. Si tratta infatti di prodotti che non sono comunissimi da trovare, anche se negli ultimi anni sono nate diverse realtà come ThisUniqueQueesy, che offrono un servizio di box direttamente a casa, e fanno anche informazione sul tema. 

A inizio maggio il senatore Matteo Richetti ha presentato un nuovo disegno di legge in Senato che prevede di abbassare l’imposta dal 22% al 4%, smettendo di considerare questi prodotti come dei beni di lusso; di erogare un credito annuale di €50 sulla tessera sanitaria delle donne tra i 18 e i 50 anni; e di distribuire gratuitamente questi beni in tutte le scuole secondarie.

Dovrebbe essere un concetto lapalissiano, ma se volessimo ribadire l’ovvio basterebbe pensare che tra i beni essenziali, tassati al 4%, rientrano anche i manifesti per le campagne elettorali, mentre i francobolli da collezione hanno un’imposta del 10%. Mentre speriamo che non ci siano altre giustificazioni, c’è sempre la petizione di Onda Rosa da firmare.