Cosa significa essere una puttana (non praticante) oggi
Dalle Sex Wars alla moda irriverente dall'eco Y2K superando il patriarcato
03 Agosto 2022
Parlare di prostituzione a livello culturale nel paese dove il retaggio religioso ha sempre dipinto qualsiasi accenno di vanità o estro femminile con attributi dispregiativi è facile come vivere a Milano ad Agosto senza aria condizionata. Nel momento su TikTok l'hashtag #sluttok ha raggiunto 9,7 milioni di visualizzazioni e il termine "slut (non practicing)" cioè "puttana non praticanti" comincia a diffondersi sempre di più, anche le vedute più aperte cominciano a vacillare. Come riportato anche da i-D Italia, Il termine coniato online, non ha nulla a che vedere con servizi a pagamento alla promiscuità, ma è una nuova frontiera dell'autorappresentazione che allontana il concetto di possesso patriarcale grazie ad una presa di posizione femminile che si identifica come soggetto e non oggetto del desiderio sessuale altrui e comunica la propria femminilità in modo accentuato e liberatorio.
Abbiamo già parlato di come l'iperfemminilità possa essere una forma di empowerment, ma nel fenomeno delle slut (non practicing) il vero potere del riconoscersi nel termine sta nel non essere interessati all'atto sessuale in sè ma alla desiderabilità teorica creata dall'indossare certi capi e raccontarsi in certi modi. In quello che può sembrare un complesso gioco di specchi, la "slut (non practicing)" non è una maschera o un ruolo, ma è un modo per piacersi e farsi vedere, da mantenere sia quando si va al supermercato a quando si scrolla TikTok sul divano. "Become a slave of the moment" cioè "Diventa schiavo del momento" scrive in una caption Chloe Cherry, attrice di Euphoria e uno dei riferimenti estetici principali per l'estetica slut (non practing), esemplificando l'attitude esibizionista che fa del farsi guardare un must per essere rilevante nello scenario globale. L'immagine della slut (non practicing) è costruita sulla consapevolezza di ciò che è sexy e si avvale un'estetica intenzionalmente creata per piacere agli altri, piacendo allo stesso tempo a se stessi. Le passerelle attuali che ispirano il guardaroba delle nuove puttane (non praticanti) sono quelle di Blumarine, Diesel, Heavn by Marc Jacobs, Nensi Dojaka e Mowalola ma anche J.W. Anderson al maschile, che raccontano esplorando influenze Y2K rappresentano corpi liberi di lasciarsi guardare grazie alle micro-lunghezze di Miu Miu, le cropped t-shirt ispirate a quelle delle celebrities anni '90 come Britney Spears viste su Heavn, le trasparenze di Coperni e le texture pop-corn al neon di Chet Lo, ma anche il fascino cut-out delle catsuit di Mugler raccontano un'intenzione sensuale e giocosa della moda che vuole liberarsi dopo un periodo difficile, ma che non per questo non vuole essere presa sul serio.
Se in passato il termine “puttana” era associato all’idea di “qualcuno che ha molti partner”, alla "malafemmena" che intrigava l'uomo nei suoi giochi di piacere anche utilizzato come insulto, oggi essere una "puttana" non praticante diventa un modo di essere e non un modo di vivere la sessualità, a tratti ingenuo a tratti iper-consapevole. L'utilizzo diffuso del termine è in linea con le lotte per il riconoscimento del sex-work fatte negli ultimi anni dopo le Sex Wars degli anni '70, perchè rende chiunque libero di utilizzare la parola "puttana" aiutando ad ampliarne il senso del termine e a stemperare lo stigma attorno a chi sceglie consapevolmente di compiere questo lavoro. Giudicare una donna da come si veste è una pratica talmente comune da rientrare persino nelle discussioni in tribunale per il casi di stupro, in cui la frase "ma com'eri vestita" echeggia glaciale nelle menti dei presenti e nella narrazione mediatica. Questo fenomeno ha causato la prima Slut Walk nel 2011 a Toronto, quando in risposta ad una citazione della Polizia stessa che recitava "le donne dovrebbero evitare di vestirsi come troie" per evitare aggressioni sessuali" ha visto 3000 persone marciare in protesta indossando abiti succinti e creando un evento storico per la celebrazione al femminile.
L'utilizzo frequente di questa estetica disinibita, definita da "puttana" ma priva di sfumatura sessuale, rende il sesso un'idea, un codice estetico con cui stuzzicare l'immaginario di chi guarda ma non come un atto naturale e intimo, uno scambio vero, seppur pericoloso in certi casi per le sex-worker che vivono situazioni di abuso. Essere una puttana (non praticante) diventa oggi uno strumento di autoaffermazione sociale, che decostruisce di un'immagine radicata nella cultura italiana riappropriandosi della soggettività femminile e ricontestualizzando nell'attualità un concetto da tempo ormai intriso di mascolinità tossica e giudizi arretrati.