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La visione della donna araba oggi

A 21 anni dalle torri gemelle, cosa non sta cambiando a causa del Neorientalismo

La visione della donna araba oggi A 21 anni dalle torri gemelle, cosa non sta cambiando a causa del Neorientalismo

Gli attacchi alle Torri Gemelle e al Pentagono dell'11 settembre 2001 hanno destabilizzato radicalmente il senso del sé negli Stati Uniti e hanno portato a  una riaffermazione dell'identità statale che ruota violentemente attorno a genere e razza. Il progetto degli Stati Uniti volto a "salvare" la propria identità oggi intreccia religione, ideologia e conflitto in modo da incidere permanentemente sulla psiche dei cittadini statunitensi (non solo), innescando paura, ripugnanza e paternalismo nei confronti dell’ “Medio Oriente”.

In particolare, il trauma statunitense legato all’11 settembre ha portato alla costruzione di un progetto neo-orientalista che ha istituzionalizzato la violenza di genere e il razzismo attraverso l’infantilizzazione, la demonizzazione e la mercificazione sessuale della persona intesa come “altro”, specialmente se corrispondente a tratti estetici orientali. Ma partiamo dalla differenza di come era percepito il Medio Oriente prima dell’attentato alle Torri Gemelle per capire cosa è cambiato e identificare lo scotto pagato ancora oggi dalle donne arabe in merito.

 

ORIENTALISMO E NEO-ORIENTALISMO

Il termine “orientalismo” è stato coniato nel 1978 da Edward Said, scrittore statunitense di origini palestinesi, per definire il potere e il controllo che l’Occidente esercita sull’Oriente, producendo rappresentazioni culturali stereotipanti e lontane dalla realtà, inizialmente attraverso la raffigurazione pittorica.

Said per primo sostenne l’esistenza di un persistente pregiudizio eurocentrico nei confronti dei popoli arabo-islamici e delle loro culture, che trova la sua origine in secolari rapporti oppressivi che hanno motivato le persecuzioni dei musulmani durante le crociate, le prime leggi razziali, i Decretales, compilati da papa Gregorio IX nel 1234, nonché la schiavizzazione dei mori (termine dispregiativo utilizzato in Europa per parlare dei Nordafricani). Queste rappresentazioni, diffuse nell’immaginario occidentale hanno descritto i popoli d’Oriente come irrazionali, violenti, selvaggi, moralmente corrotti e intellettualmente inferiori rispetto alle loro controparti occidentali.

Da dopo gli attentati del 11 settembre 2001, a cui è seguita la guerra al terrorismo proclamata dall’ex presidente George W. Bush, è necessario parlare di Neo-orientalismo - termine contemporaneo coniato da accademici occidentali tra cui Ali Behdad e Juliet Williams - che descrive l’attuale percezione degli arabi, ormai inconsciamente percepiti come terroristi, intrinsecamente violenti.

A questa percezione violenta e incivile dell’uomo arabo è legata una visione ben più subdola della donna araba, perennemente percepita come vittima sottomessa dalle figure familiari maschili. Questo mito di oppressione pone differenti ostacoli e sfide alle donne arabe poiché sono costrette non solo ad interfacciarsi a difficoltà differenti come minoranza razzializzata, ma anche come minoranza di genere. 

 

LA VISIONE DELLA DONNA ARABA 

Questo perché attraverso la lente dell'Occidente, a sua volta vittima della sindrome di Wendy o della crocerossina, la donna araba oppressa ha bisogno di un salvatore, che si concretizza nell’immaginario occidentale nella figura del soldato americano, elevato a figura eroica utile al discorso neo-orientalista occidentale. Ancora una volta, la donna araba è vista attraverso lo sguardo dell’uomo occidentale e i suoi bias di potere, gli stessi applicati nelle raffigurazioni pittoriche che la rappresentano negli harem come figura disponibile a soddisfare qualsiasi desiderio sessuale, sempre seguendo la figura rispondente all’atteggiamento di sottomissione religiosa dell’orientalismo.

Il neo-orientalismo ha portato però ad un ulteriore feticismo legato alle manifestazioni religiose della donna araba; così anche l'Hijab è diventato parte integrante delle immagini fetish e dei film pornografici, invitando i consumatori a esplorare e a normalizzare le proprie fantasie di matrice coloniale, radicando concezioni razziste e sessiste nel loro modo di comprendere e comunicare il mondo. La visione neo-orientalista e razializzata delle donne arabe a 21 anni dall’11 settembre oggi è incentivata dall’industria del porno, dove continua ad amplificarsi e radicarsi fuori contesto, ampliando il problema di percezione della femminilità araba e rendendola oggetto commerciale e punto di riferimento estetico di una bellezza esotica che attrae per la sua sfumatura sottomessa le attenzioni di utenti alla ricerca di un esercizio di potere. Proprio perché nel porno è coinvolta la sfera del piacere estetico e sessuale e ci si inserisce in dei momenti legati all’irrazionalità e alla disinibizione personale, si normalizza completamente una struttura razzista, che difficilmente verrà sradicata, al contrario, tale fabbrica del desiderio e del piacere farà sempre parte delle politiche neo-orientalista statunitensi che hanno occidentalizzato un profondo odio e rigetto per l’oriente.

Non a caso Mia Khalifa si conferma ogni anno essere la porno-star più cercata sul web, nonostante non lavori più nell’industria del porno main-stream da anni e abbia svariate volte chiesto che i suoi video venissero eliminati da tutte le piattaforme, denunciando anche la circuizione che ha vissuto e che l’ha portata a dover subire una pericolosa esposizione mediatica.

OGGI

A 21 anni dalle torri gemelle, le forme di feticizzazione dell'hijab, del niqab e del burqa invitano ad una violenza epistemica, basata su uno sguardo maschile volto a costruire uno strumento di controllo che permette di soggiogare uomini e donne arabe, rendendole figure subalterne, sfruttabili nella costruzione di ideologie razziste, come dimostrato nelle campagne anti-hijab portate avanti da Lega e Fratelli d’italia, in seguito al lancio della campagna contro l’hate speech, in rete e offline, lanciata dal Consiglio d’Europa e poi subito rimossa. 

https://twitter.com/MrAndyNgo/status/1455987308881235968

Ad oggi sono ancora inesistenti discorsi sull’islamofobia e l’arabofobia ed è urgente innescare un processo che possa smantellare tali forme di razzismo, attraverso la conoscenza e lo studio di un’oppressione, come detto prima, radicata nella storia occidentale da secoli ed enfatizzata negli ultimi anni a causa delle politiche statunitensi ed europee anti-islam.

L’autodeterminazione delle donne e le decisioni sul proprio corpo sono parte fondante dei discorsi e delle azioni femministe, è quindi necessario uscire dal proprio privilegio, svincolandosi dalle narrazioni occidentali.

Il velo per moltissime persone, specialmente in occidente, è un simbolo di libertà e di espressione del proprio personale credo. Tutto ciò che è personale è certamente politico, ma non può essere lasciato in pasto a politici che minano le espressioni e le scelte individuali, venendo meno al terzo articolo della costituzione italiana!