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Come passare il Natale a tavola con chi ha un rapporto difficile con il cibo

Alcune buone pratiche per rendere più inclusive le festività

Come passare il Natale a tavola con chi ha un rapporto difficile con il cibo  Alcune buone pratiche per rendere più inclusive le festività

Per molte persone uno degli aspetti più caratterizzanti del Natale sono anche e soprattutto i pranzi e le cene in compagnia, con amici e parenti. Quello dello stare-a-tavola – e mangiare in abbondanza –  durante le festività è un aspetto molto sentito, in Italia e non solo. Ci sono poche cose più simboliche e stratificate di questa in Occidente, soprattutto nei Paesi latini, tanto che nei giorni a cavallo del Natale è molto comune sentire commenti su quanto si è eccessivamente mangiato. Se per molte persone tutto questo fa parte della consuetudine natalizia e non dà alcun fastidio, per coloro che soffrono di disturbi alimentari o che hanno un rapporto difficile con il cibo, tali convenzioni sociali possono originare o incrementare sentimenti negativi, come l’ansia, la vergogna o il disagio. È un tema di cui non si parla spesso, tanto meno a Natale, e non sempre si è consapevoli del problema. Sapersi comportare e muoversi nel modo adeguato, nel corso delle festività così come tutti gli altri giorni dell’anno, è quindi molto importante – e spesso fa realmente la differenza.

Ecco alcuni consigli e buone pratiche su come favorire l’inclusività di chi soffre di disordini alimentari.

Il Natale non ruota solo intorno al cibo

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Durante le festività non focalizzarti o dare eccessiva importanza al cibo e all’atto di mangiare, che a farci caso non sono l’elemento indispensabile per la buona riuscita della giornata. La cosa importante non è quanto e come si mangia, ma stare insieme.

Comunica il menù in anticipo

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Questa semplice accortezza consente alla persona che soffre di disordini alimentari di “essere preparata” ed evitare l’effetto sorpresa, riducendo le probabilità di farla sentire a disagio. Dandole infatti la possibilità di decidere e pianificare in anticipo quali piatti mangiare, avrà maggiore controllo della situazione. In questo modo, poi, tutti gli ospiti saranno sollecitati a comunicare le proprie allergie e intolleranze.

Coinvolgi tutti a proporre una portata

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Invita i commensali, se ne hanno voglia, a preparare e portare un piatto da casa: permette a chi soffre di disturbi alimentari di avere potenzialmente la garanzia che ci sia qualcosa che può mangiare. La cosa, inoltre, fa sì che la persona malata non sia vincolata al percorso previsto dal menù. Per evitare di far sentire quest’ultima diversa, sbagliata o sola è però importante condividere con tutti i presenti questa iniziativa.

Evita i riferimenti all’aspetto fisico

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Durante le feste, essendo queste anche e soprattutto un’occasione in cui rivedere – a volte dopo molto tempo – parenti e amici, si tende per convenienza a usare espressioni che riguardano l’aspetto fisico, persino senza accorgersene, come «ti vedo in forma» o «ti trovo bene». Sarebbe meglio evitarli: anche se fatte con le migliori intenzioni e senza dare peso alle parole, commenti del genere rischiano di mettere a disagio la persona malata.

Non far sentire la persona diversa

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Questa è la regola principale da seguire e su cui modellare il proprio comportamento a tavola. Per non far sentire escluso chi soffre di disturbi alimentari è innanzitutto necessario ricordarsi che il suo comportamento non è causato da una condizione momentanea, ma è parte di un malessere più ampio e complesso. Ad esempio, insistendo nel far mangiare ulteriormente una persona che non ha intenzione di proseguire si rischia di metterla di fronte al suo malessere, accentuandolo. Bisogna invece evitare di far sentire al centro dell’attenzione la persona. Anche la disposizione dei piatti sulla tavola influenza la cosa: la modalità “buffet” ha il pregio di consentire a chiunque di servirsi liberamente e in modo autonomo, senza sentirsi osservato e giudicato.

Non prendertela

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Quando qualcuno soffre di un disordini alimentari, il cibo passa dall’essere una forma di piacere e condivisione a qualcosa di pesante e conflittuale. Il senso di colpa di chi è malato è spesso accresciuto dal rifiuto di un piatto cucinato da una persona a cui vuole bene, perciò nel caso è meglio non offendersi e – lo ripetiamo ancora una volta – non insistere nel far mangiare ulteriormente una persona che non se la sente di continuare. Concentrati piuttosto sullo stare insieme, facendo sentire accolto e maggiormente a suo agio il soggetto malato.

Fai caso a come parli del cibo

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Fateci caso: soprattutto in Italia a tavola si finisce per parlare di cibo. Di solito si commenta quel che si sta assaggiando, mentre altre volte si arriva persino a confrontarsi sui posti in cui si mangia meglio – mentre si sta compiendo esattamente lo stesso gesto. Anche se magari non sembra, le persone che soffrono di disordini alimentari hanno spesso una profonda nostalgia del cibo. Presta quindi più attenzione del solito alle parole che usi, al loro significato e al loro peso. Queste festività possono essere l’occasione per cambiare il linguaggio che si tende a usare quando ci si riferisce al cibo, superando le rappresentazioni stereotipate dei disturbi alimentari e riflettendo sulle storie e le sensazioni delle persone che ne sono coinvolte.