Spiegare Diana Ross alla gen Z
Ecco chi è la donna che è stata nominata testimonial di YSL a 79 anni
10 Gennaio 2024
YSL, nella persona del direttore creativo Anthony Vaccarello, ha annunciato su Instagram che la protagonista assoluta della campagna Spring 2024 sarà lei, nientepopodimeno che Diana Ross, bellissima e altera in un abito nero con scollo halter, in bianco e nero, intensissima. Come veicolare a una generazione di ragazze giovanissime che si approcciano con entusiasmo e curiosità al mondo della musica, del femminismo e della rappresentazione sui media cosa ha significato per il mondo dell'intrattenimento statunitense e mondiale una figura come quella di Diana Ross? È uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo, soprattutto nel giorno del suo compleanno. Sono 80.
Le Supremes
Prima delle Spice Girls e delle Destiny's Child furono le Supremes. Una girl band ante-litteram, una girl squad prima di Taylor Swift, le Supremes oltre a rimanere, ad oggi, al secondo posto nella classifica dei gruppi al femminile che hanno venduto di più - con 29 album e più di 50 milioni di copie - diventarono anche la punta di diamante di Motown, etichetta discografica statunitense fondata nel 1959 a Detroit da Berry Gordy. Come è facile immaginare, i loro inizi non furono facili. Diana Ross, Betty McGlown, Mary Wilson e Florence Ballard dovettero lottare per passare da seconde voci e coriste a protagoniste del palco, diventando un simbolo della temperie musicale statunitense di quegli anni tra il 1959 e il 1970 con brani come Where Did Our Love Go, Baby Love e Come See About Me.
La carriera solista
Nel 1970 Diana si separa dalle Supremes. In quegli anni, ha poi rivelato nell'autobiografia Secrets of a Sparrow, soffriva di anoressia nervosa ed era sottoposta a forti stress e pressioni a causa della fama e del rapporto con le sue colleghe. Con il suo primo album solista (che conteneva Ain't No Mountain High Enough) arrivano i primi posti in classifica, il successo nella Gran Bretagna, uno special televisivo a lei dedicato e anche i primi ruoli cinematografici. Con Motown i rapporti non saranno sempre facili, anzi. Lei e il presidente ebbero diversi screzi e una storia d'amore, che la portarono a cambiare casa discografica per poi tornare, dopo un periodo di pausa, indietro. Impossibile riassumere la sua carriera, i premi, i successi in un articolo solo, quello che è sicuro (e sintetizzabile) è questo: non sappiamo in tutta onestà se ci sarebbero state nella nostra vita artiste come Janet Jackson e Beyoncé senza prima l'eredità irrinunciabile di Diana Ross, sia nella musica che nello stile che nella presenza sul palco, che ha dimostrato a un mondo di bianchi quanto potesse risultare valida un'artista nera e, nel processo, ha spalancato delle porte che prima di lei erano chiuse.
@aaron.hollomon Diana Ross surprised Beyoncé for her Birthday last night in Los Angeles. Still not convinced I wasnt dreaming this! #fyp #dianaross #beyonce #beyoncebirthday #renaissanceworldtour original sound - AZH
Le lotte e l'eredità
Diana Ross è una pioniera per ogni membro non bianco (e in particolare nero) dell'industria dell'intrattenimento. Un'interprete caparbia e decisa che, solo esistendo nel suo elemento (quello della musica dance e oltre) e lottando per quello che spettava al suo talento ha ottenuto tanto, per lei ma anche per chi è venuto dopo di lei. A partire dallo stile. Nelle parole di Whoopi Goldberg, che si è trovata a parlarne e a scriverne in diverse occasioni, ultima ma non ultima la prefazione del libro Supreme Glamour: "Tutto ciò che riguardava le Supremes - tutti quegli abiti, tutti quei tailleur, tutti quei berretti, guanti, pellicce, il trucco, le ciglia, le parrucche - mi faceva credere che stessero parlando a me. Negli anni Sessanta non si era mai visto nulla di simile: tre donne nere che erano totalmente emancipate, creative, fantasiose. Vedere le Supremes era capire che era possibile essere come loro, che i neri potevano farlo...". Il mondo questo lo aveva capito già negli anni Ottanta, quando a lei venivano dedicate biografie non autorizzate e servizi giornalistici, anche se ci sta mettendo un po' per mettersi al passo. Se per una donna nera è difficile barcamenarsi nel mondo dello spettacolo (e a Hollywood) ancora oggi, riusciamo a immaginare come andavano le cose 60 anni fa?
Il legame con Yves Saint Laurent
La sua nomina a testimonial per la campagna Spring 24 di Yves Saint Laurent ha i suoi precedenti e non cade nel vuoto, anzi il contrario. L'artista, infatti, è una vecchia amica della maison e anche del suo fondatore, con cui è stata fotografata a un party UNICEF nel 1980. Indossa il brand fin dagli anni Settanta sulla pista da ballo dello Studio 54 ed è stata avvistata agli show parigini in diverse occasioni. Un ritorno più che una rivelazione, un lavoro di archivio e di recupero che fa da reminder di come sono cambiate le cose, ma soprattutto di quanto ancora c'è da fare.