Chi è Anne Geddes, la fotografa di bambini che piace a JW Anderson
L'artista che ha capito la potenza estetica di un bambino travestito da cavolo
13 Settembre 2024
C’è una forte connessione tra il mondo dell’arte e le creazioni di Jonathan W. Anderson. Basta osservare la silhouette, il taglio, la stampa o le decorazioni dei suoi abiti per capirlo. Ad esempio, alla sfilata LOEWE Donna FW24 le borse erano mazzi di asparagi, un omaggio alle ceramiche provinciali francesi, alcuni dei soprabiti avevano colletti realizzati con veri trucioli di legno che richiamavano i mobili dello stile Chippendale, i motivi floreali ricordavano gli interni delle case di Onassis e i paesaggi naturali idilliaci di Albert York rivivevano in bustier scolpiti come petali, pantaloni con stampe di ravanelli e cani distesi sull’erba. È un mondo complesso, bucolico e surreale quello da cui attinge all’immaginario eclettico di Anderson, di cui fa parte non solo il lavoro del pittore americano Albert York, ma anche (come svelato dal direttore creativo sul profilo Instagram del brand) quello di Anne Geddes. Per chi è nato dopo il 2000 è un nome sconosciuto, ma c’è stato un tempo in cui le sue fotografie erano dappertutto. I suoi scatti di bambini seduti in vasi di fiori, adagiati su tulipani, vestiti col baccello dei piselli e ricoperti di cavolo invadevano biglietti di auguri, diari, quaderni, puzzle, cartoline, calendari e poster. Così diffusi da risultare da perdere la cuteness di un neonato pacioccone trasformato in ape fino a risultare smielato, kitsch, cheap. Eppure, oggi, di Geddes non ne è rimasta quasi traccia. Riuscirà l’interesse manifesto di Anderson a far tornare la fotografa e la sua estetica alla popolarità del passato?
Anne Geddes, gli inizi
Anne Geddes nasce nel settembre 1956 nel Queensland, in Australia, e cresce nella fattoria di famiglia. A 17 anni lascia la scuola e, con l'equivalente del diploma di maturità in tasca, se ne va di casa. Poco dopo conosce il marito, l'anchorman televisivo Kel Geddes, e lo segue a Hong Kong. Lì, all'età di 25 anni, equipaggiata con una vecchia Pentax K1000 35mm comincia l’attività da fotografa. "Ho sempre scherzato dicendo che quando ho preso in mano una macchina fotografica per la prima volta a 25 anni ero la prima fotografa che avessi mai incontrato" dice. Da adolescente, guarda la rivista LIFE e fissa le immagini delle persone fino a innamorarsi del fotogiornalismo. Così, dopo aver sperimentato con i paesaggi, inizia a dedicarsi alle persone, fotografando famiglie nei loro cortili. Tornata in Australia, passa al soggetto che avrebbe definito la sua carriera: i neonati. Alla vigilia di Capodanno del 1984, Anne annuncia ad un'amica: "Diventerò la fotografa di bambini più famosa al mondo". Dieci anni dopo accade veramente.
Anne Geddes, la fotografa di bambini più famosa al mondo
All'inizio degli anni '90 Anne vince alcuni concorsi fotografici e inizia a trasformare i suoi scatti in cartoline e calendari che raggiungono una certa popolarità in Nuova Zelanda, dove, nel frattempo si è stabilita con il marito e le due figlie. Il grande successo? Arriva con Down in the Garden, libro in cui Geddes raccoglie gli scatti di bambini travestiti da calabroni, fate, ninfee, piselli, farfalle, orsetti, fiori. Oprah Winfrey lo inserisce nel suo club del libro e il lavoro di Anne entra nella lista dei bestseller del New York Times. Improvvisamente quelle immagini tenere e fiabesche sono ovunque. Pienamente integrate nella cultura pop degli anni '90, sono appese ai muri di ogni cameretta, ma anche in Friends, sono sfondo di desktop, si riconoscono sulle copertine di diari, quaderni, si comprano per augurare buon compleanno e si stampano sui cuscini. La fotografa australiana continua a scattare, esplorando l'infanzia, la famiglia e il legame tra una madre e il suo bambino, come nella collaborazione con Céline Dion per il concept album Miracle.
L’arte di fotografare "The Miracle of New Life"
Nonostante la popolarità il lavoro di Anne Geddes è sempre stato snobbato dalla critica e - come lei stessa racconta - dai colleghi uomini, perché considerato dozzinale e non rilevante. Questi giudizi non tengono conto dell’attenzione e della scrupolosità maniacale dedicata ad ogni scatto né dell'impatto culturale che quei piccoli modelli fotografati come gnomi, girasoli e coccinelle hanno avuto nel ridefinire il modo in cui la società vede e celebra la prima infanzia. Geddes ha reso la fotografia di bambini una forma d'arte. La sua estetica, che ibrida neonati e natura, mostrandone la loro innocenza e vulnerabilità, ha influenzato il modo in cui i bambini vengono rappresentati nell'arte e nella fotografia ancora oggi. "Adoro i bambini piccoli perché hanno sempre questo senso di promessa. Sono come un libro aperto. Sono noi all'inizio della nostra vita" - ha spiegato la fotografa parlando dei suoi lavori - "Sono puri. Non c'è cattiveria: c'è ingenuità, ci sono bambini piccoli, ed è solo ciò che instilliamo in loro mentre crescono che li fa diventare persone diverse. Il mio lavoro riguarda la promessa e il miracolo della nuova vita". Ad interessarla è il potenziale che ha un neonato e il messaggio che vuole trasmettere è che siamo tutti responsabili nel preservare la loro purezza. Per questo, Geddes ha speso gran parte della sua carriera a sensibilizzare e allertare l'opinione pubblica sull'abbandono e sugli abusi subiti da molti bambini in tutto il mondo.
Anne Geddes, dal successo mondiale all’oblio
Ogni immagine di Geddes richiede un lavoro meticoloso e ossessiva attenzione per i dettagli. I costumi, le scenografie, ogni elemento che contribuisce a ricreare quel mondo semplice, fiabesco e idilliaco ha un costo. Produrre quel tipo di servizi fotografici richiede tra i 250.000 e i 350.000 dollari, oltre a circa sei mesi di lavoro a tempo pieno. Quei costi diventano presto insostenibili e l'impero di Geddes, così come la sua popolarità, inizia a sgretolarsi man mano con la diffusione di Internet. Le persone non sono più disposte ad aprire i loro portafogli per foto di bambini sconosciuti. Non importa quanto siano carini. Se vogliono, con Photoshop e il loro smartphone possono produrre tutte le foto che vogliono gratis. Così calendari, biglietti di auguri, cartoline e libri si vendono sempre meno e la strategia di Geddes di usare le royalty dei lavori precedenti per pagare progetti futuri è ormai un modello di business insostenibile. Per questo, a partire dal 2016, la fotografa australiana ha smesso di realizzarli, concentrandosi su commissioni per aziende e clienti privati e sulle campagne per enti di beneficenza. Col tempo il mondo che prima sembrava adorarla si è dimenticato di lei e dei suoi bambini-fiore, rimasti ad impolverarsi nel fondo di qualche magazzino. L’interesse di JW Anderson per il suo lavoro e l’ossessione della gen Z per gli anni ’90 e tutto ciò che è cute riusciranno a far uscire Anne Geddes dall’oblio?